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Battistello Caracciolo

Battistello Caracciolo


Giovanni Battista Caracciolo, detto Battistello (Napoli, 1578 – Napoli, 1635), è stato un pittore italiano, importante seguace di Caravaggio a Napoli.

Fu scolaro di Fabrizio Santafede e seguace della "scuola" caravaggesca appresa quando Caravaggio giunse a Napoli verso la fine del 1606 per sfuggire alla cattura che rischiava dopo l'omicidio compiuto a Roma, restando in città per circa otto mesi. Il suo impatto sulla vita artistica della città fu immediato e molto profondo.

Battistello, di pochi anni più giovane di Caravaggio e allievo di Belisario Corenzio, fu uno dei primi a testimoniare il nuovo stile e senz'altro uno dei più talentuosi tra i vari artisti che si cimentarono (ad esempio Carlo Sellitto) con le tecniche pittoriche introdotte dal grande maestro, improntate al drammatico tenebrismo di una pittura piana e poco profonda con figure scultoree in cui la luce acquistava sempre maggior importanza rispetto alla prospettiva.

Uno dei primi lavori che testimoniano l'influenza caravaggesca fu La liberazione di San Pietro (1608-1610), eseguita per la chiesa del Pio Monte della Misericordia (quello stesso luogo che ospitava, ed ospita tuttora, il capolavoro di Caravaggio: le Sette opere di Misericordia).

La sua pittura diventò più raffinata subito dopo il suo soggiorno romano del 1614, dopo essere diventato il maestro della scuola napoletana; i suoi soggetti preferiti furono quelli religiosi con pale d'altare e, in modo inusuale per la pittura caravaggesca, affreschi. In effetti a Roma ebbe modo di avvicinarsi a varie correnti e quindi poté espandere il suo orizzonte figurativo, non tanto allineandosi con il Barocco quanto distaccandosi progressivamente dal Caravaggio e accostandosi al manierismo e ai Carracci.

Dal 1618 soggiornò a Genova, a Firenze e tornò nuovamente a Roma, dove iniziò a manifestare interesse per il classicismo del Carracci e della scuola emiliana, lavorando per sintetizzare il suo personale caravaggismo con queste nuove tendenze

Di nuovo a Napoli, tradusse questa sintesi nelle grandiose scene d'affresco raffigurate nel suo capolavoro La lavanda dei piedi (1622), eseguito per la Certosa di San Martino.