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Orazio Fontana

Orazio Fontana


Orazio Fontana (Urbania, 1510 – Urbino, 1571) è stato un ceramista italiano.

Figlio di Guido, apparteneva a una famiglia di ceramisti, originari di Casteldurante (oggi Urbania) e attivi soprattutto ad Urbino, il cui vero cognome era Schippe. Il capostipite era noto come Niccolò Pellipario (o "Nicola da Urbino"), ma Guido intorno al 1553 aveva mutato il cognome in Fontana. Ceramisti sono stati anche Camillo Fontana, fratello di Orazio, e il nipote Flaminio Fontana.

Le prime ceramiche di sicura attribuzione ad Orazio sono sette pezzi, pubblicati da Liverani nel 1957, e che, tra 1541 e 1544, uscirono dalla bottega di suo padre Guido ma con il monogramma di Orazio. Suo è il piatto del 1545, con Incontro fra Alessandro e Diogene e siglato "O. F." Altre sue ceramiche più tarde, eseguite fra il 1561 e il 1571 e oggi al (British Museum di Londra), recano l'indicazione che furono realizzate nella bottega di Orazio.

Le opere, realizzate da suoi allievi e collaboratori, portano il segno distintivo della ceramica urbinate, preferita e protetta dal duca Guidobaldo II Della Rovere. Orazio lavorò anche alla corte di Torino, a Firenze e a Venezia.

Nel 1562 dipinse i vasi, su cartoni di Taddeo Zuccari e di altri pittori, della credenza di maiolica, inviata da Guidobaldo II in dono a Filippo II, re di Spagna. Secondo Corona, Orazio avrebbe dipinto altre due credenze, su richiesta di Vittoria Farnese, moglie di Guidobaldo II.

Elegante e descrittivo, ma a volte un poco calligrafico, Orazio eccelle nei paesaggi che fanno sfondo alle sue ceramiche istoriate, in cui la realtà si mescola a fantasiosi toni azzurrini, in contrasto con zone dipinte in rosso-aranciato. Le carnagioni dei personaggi hanno toni ambrati, le rocce sono stilizzate, il verde degli alberi si armonizza con l'ocra del terreno. Gli elementi decorativi derivano da Raffaello e da suoi seguaci e alcuni temi iconografici sono attinti alla Bibbia, edita a Francoforte con le incisioni di Hans Sebald Beham. Orazio Fontana si ispirò anche a Luca di Leida e alle incisioni di Marcantonio Raimondi, con figure neoclassiche e motivi architettonici ispirati alle antichità romane.