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Giovanni Dupré


Giovanni Dupré (Siena, 1º marzo 1817 – Firenze, 10 gennaio 1882) è stato uno scultore italiano.

Nacque a Siena nella via che oggi porta il suo nome (all'epoca chiamata "via di Malborghetto"), nel cuore della Contrada Capitana dell'Onda, figlio di un intagliatore in legno. Anche Giovanni si formò come intagliatore, nella bottega di Paolo Sani, sita in piazza San Biagio. In seguito si trasferì a Firenze, dove frequentò l'Accademia di Belle Arti e dove fu allievo nella bottega di Luigi Magi, come lo stesso Dupré ricorda nel suo Pensieri sull'arte e ricordi autobiografici (Ed. Le Monnier, 1906).

L'opera che gli diede fama sin da giovane fu un Abele morente (marmo, 1842), modellata quando aveva appena venticinque anni. Dopo essersi procurato il materiale necessario e aver affittato un piccolo studio di fronte alla chiesa dei Santi Simone e Giuda, individuò al corso di nudo dell'Accademia colui che doveva servirgli da modello: Antonio Petrai detto il Brina.

La lavorazione occupò gran parte del 1842 e i due rischiarono addirittura di morire per un incendio causato dalla stufa che Dupré si era procurato. L'intenzione era quella di completare l'opera per l'Esposizione del settembre del medesimo anno: l'obiettivo fu raggiunto grazie all'aiuto economico fornito da insigni artisti quali Pietro Benvenuti, Aristodemo Costoli, Giuseppe Sabatelli ed Emilio Santarelli.

La produzione successiva comunque oscilla sempre ora verso il naturalismo, ora verso un accademismo più freddo e di maniera, ma in ogni caso è sempre fuori discussione l'alta qualità della sua tecnica.

Il Trionfo della Croce (1861) nella lunetta del portale centrale della nuova facciata della chiesa di Santa Croce a Firenze e il Monumento a Cavour (1878) a Torino sono opere più convenzionali e per certi sensi mediocri, mentre la statua di Giotto, commissionatagli dalla sua mecenate, la granduchessa Maria Antonietta, e quella di Sant'Antonino (1844) per il loggiato degli Uffizi sono più vitali, con uno stile forse più ruvido, ma più spontaneo.

Di sapore michelangiolesco è la Saffo abbandonata della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, che assomiglia nella parte superiore al Giorno della tomba di Giuliano della Sacrestia Nuova, mentre la parte inferiore è fasciata da un drappeggio meno convincente.

Il suo capolavoro è da alcuni considerato la Pietà (1867) nella cappella Bichi Ruspoli nel Cimitero della Misericordia di Siena. Vi è impressa una notevole carica espressiva, con una composizione inconsueta, forse ispirata da un dipinto simile di Fra Bartolomeo.