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Jacopo della Quercia

Jacopo della Quercia


Jacopo di Pietro d'Agnolo di Guarnieri detto Jacopo della Quercia (Siena, 1374 circa – Siena, 1438) è stato uno scultore italiano.

Nato a Siena (non ha alcun fondamento la notizia, riportata per primo da Vasari, che Jacopo fosse nato a Quercegrossa, un borgo del contado senese posto sul confine con lo stato fiorentino, in ragione dell'epiteto "dalla Quercia"; tale appellativo non è altro che una tarda nobilitazione di un nomignolo con cui era conosciuto già il nonno di Jacopo, tale Angelo "della Guercia", a significare che evidentemente la bisnonna dello scultore aveva gli occhi storti), probabilmente tra il 1371 ed il 1374, da padre orafo e intagliatore di legno, chiamato Piero d'Angelo (o d'Agnolo) di Guarnieri, e da una certa Maddalena. È stato anche ipotizzato che il nome avesse a che fare con l'antica contrada della Quercia.

Lo stile di Jacopo della Quercia si sviluppò a partire da un personalissimo rinnovamento dei modi della scultura gotica, utilizzando influenze e stimoli interni a quel linguaggio. La sua formazione si basava sul linguaggio del gotico senese, che sfrondò dagli effetti più aggraziati e, in certo senso, cerebrali. Assimilò le più avanzate ricerche fiorentine, della scultura borgognona e il retaggio classico, che reinterpretò con originalità, dando origine a opere virili e concrete, dove sotto le complicate pieghe del panneggio gotico si nascondono corpi robusti e solidi. Già nei rilievi della Fonte Gaia, a fronte di un impianto generale, consono alla tradizione, si rileva una straordinaria libertà compositiva e un'innovativa vitalità dei rilievi. Il panneggio, assieme alle pose ed ai gesti delle figure, crea un gioco di linee vorticoso che rompe la tradizionale frontalità, invitando lo spettatore a muoversi per scoprire vedute multiple delle opere a tutto tondo.

Nei nudi scolpì figure potenti e vigorose, dalla spiccata muscolatura e con un realismo che a volte appare persino rude. Il nodo focale della sua inquieta e multiforme produzione, che spaziò con sicurezza dalla scultura monumentale in marmo alle opere policrome in legno e terracotta, è forse proprio la vitalità erompente dei suoi personaggi, che travolge e fonde, mettendoli in secondo piano, le fonti di ispirazione e i riferimenti culturali delle sue opere.

Nei rilievi sviluppò uno stile ben diverso dallo stiacciato donatelliano, dove al posto dei fini sottosquadri, compresse le figure tra due piani invisibili, con linee nette e ombre ridotte al minimo. Alle parti lisce e stondate delle figure si alternano spesso fratture di piani e contorni rigidi, dal cui contrasto sprigiona un effetto di forza trattenuta, che non ha eguali nella scultura quattrocentesca. Il risultato è quello di personaggi concentrati, energici ed espressivi, che sviluppano la tradizione toscana di Nicola e Giovanni Pisano e che ebbe come unico, grande continuatore Michelangelo Buonarroti.