Musei Vaticani: Torna a splendere la Sala di Costantino
Un capolavoro della pittura rinascimentale conservato nei Musei Vaticani torna al suo splendore dopo un restauro decennale: è la Sala di Costantino, la più ampia tra le Stanze di Raffaello, che fu chiamata così in onore dell'imperatore romano che concesse la libertà di culto ai cristiani.

800 metri quadri di domande e di incredibili risposte. Durato dieci anni, si può sintetizzare così il restauro della Sala di Costantino, la più ampia delle Stanze di Raffaello. L’intervento conservativo condotto dal Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani, guidato da Francesca Persegati, è iniziato a marzo 2015 dalla parete della Visione della Croce e si è concluso a dicembre 2024 sulla volta dominata dal grande arazzo dipinto. L’allestimento dei ponteggi, articolato in otto fasi lavorative, ha seguito l’esatta successione dell’esecuzione delle pitture. Inattese e senza precedenti le scoperte emerse nell’ambito degli studi su Raffaello, sulla sua bottega e sui grandi cantieri artistici del Cinquecento.

L'inizio della decorazione e una scoperta rivoluzionaria
Si è iniziato dalle figure della Comitas e della Iustitia, le uniche dipinte a olio, con le quali Raffaello diede avvio alla decorazione dell’ambiente noto all’epoca come Aula Pontificum Superior, destinata alle cerimonie ufficiali e intitolata al grande imperatore romano che concesse la libertà di culto ai cristiani. Fin dai primi momenti è emersa una scoperta rivoluzionaria. Così ne parla Fabio Piacentini, responsabile del cantiere fin dal 2015.
Raffaello e la pittura a olio: un progetto incompiuto
“Raffaello e i suoi collaboratori, Giulio Romano e Giovanni Francesco Penni, sono operativi nella stanza già nell’ottobre 1519”, spiega. L’avvio della decorazione, dunque, si svolge a pochi mesi dalla morte del Sanzio, avvenuta il 6 aprile 1520. Dall’osservazione a contatto ravvicinato delle due figure femminili e dell’intera parete sono scaturite novità sorprendenti e una tecnica sperimentale messa a punto dal pittore delle Stanze. “La pittura a olio su muro era già nota ai pittori fin dal Quattrocento, forse anche in Toscana, ma con altre modalità. Raffaello realizza le figure della Comitas e della Iustitia su una preparazione di colofonia, una resina naturale che deve essere applicata a caldo e stesa direttamente sulla struttura murale”, precedentemente puntellata da chiodi.
“L’ultima grande impresa decorativa di Raffaello, prosegue Piacentini, rappresenta una svolta nel suo percorso artistico: la presenza dei chiodi su gran parte della parete ci offre la certezza che volesse dipingere a olio tutta la stanza. Indubbiamente questa è stata una scoperta quasi rivoluzionaria, fino a questo momento unica nel suo genere”.

Sopraggiunta la morte di Raffaello, Giulio Romano e Giovanni Francesco Penni proseguono l’opera ad affresco. Ma perché il progetto iniziale prevedeva la tecnica ad olio? “Raffaello, risponde Piacentini, aveva sicuramente incontrato Leonardo. L’olio inoltre, avendo tempi di esecuzione più lenti rispetto all’affresco, gli avrebbe consentito di effettuare ritocchi e correzioni per conferire all’insieme della decorazione quell’uniformità che invece non emerge nella Loggia di Amore Psiche nella Villa Farnesina di Roma”, dove evidente è il divario tra la mano del maestro e quelle degli aiuti.
La volta della Sala di Costantino: un capolavoro di illusionismo
Nel 2024 si è intervenuti sulle pitture del soffitto. Ai tempi di Raffaello era a cassettoni di legno. Sisto V affida la decorazione della volta a un allievo di Sebastiano del Piombo, Tommaso Laureti, che con un sapiente gioco di inganno visivo dipinge un finto arazzo, sommo capolavoro di prospettiva illusionistica, costruita anche su effetti di luce e ombra, emersi in tutta la loro bellezza grazie alla pulitura della superficie pittorica.

Un bilancio positivo dopo dieci anni di lavoro
Conversando con Francesca Persegati e Fabio Piacentini è impossibile non lasciarsi contagiare dall’entusiasmo con cui i 26 impiegati del Laboratorio, coadiuvati da collaboratori esterni, quotidianamente si dedicano alla conservazione del patrimonio delle collezioni pontificie per consegnarlo integro alle future generazioni. Al termine di un decennio scandito da scoperte sensazionali, ma anche da momenti sofferti, Piacentini non ha dubbi: “Sono stati anni faticosi e non è stato semplice coordinare in tempi diversi un'equipe composta da persone diverse, ma il bilancio è assolutamente positivo!”.
fonte: Vatican News