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Daniele Crespi


Daniele Crespi (Busto Arsizio, 1598 – Milano, 19 luglio 1630) è stato un pittore italiano. Nonostante la sua prematura scomparsa per via della peste manzoniana del 1630, è annoverato tra i maggiori esponenti del Seicento lombardo.

Non sono noti il luogo e la data di nascita del pittore, che in base ai documenti a disposizione si considera nato a Milano negli ultimi anni del Cinquecento. Apparteneva ad una famiglia di pittori originaria di Busto Arsizio, cui apparteneva anche uno dei suoi maestri, Giovan Battista Crespi detto il Cerano (Romagnano Sesia, 1573 – Milano, 1632).

Le sue prime opere note sono la decorazione della cappella di S. Antonio e i pennacchi della cupola con i Quattro evangelisti, entrambe nella chiesa di San Vittore al Corpo a Milano, datati 1619. Di poco successivi sono la Decollazione del Battista nella cappella di S. Giovanni e l'Adorazione dei magi in Sant'Alessandro in Zebedia. La realizzazione di queste importanti commissioni testimoniano la notevole precocità del pittore, che allora doveva essere intorno ai vent'anni. Appartengono sempre al periodo giovanile la decorazione della cappella dell'Annunciata nella basilica di Sant'Eustorgio e le tele per la chiesa di San Protaso ad Monachos e ora in San Giovanni a Busto Arsizio.

Alla metà degli anni venti del Seicento risalgono le commissioni di un altro importante ordine monastico milanese, quello dei canonici Lateranensi di Santa Maria della Passione. Per questa importante basilica, seconda a Milano per ampiezza solo al duomo, il Crespi dipinse numerose opere: alcune figure di lateranensi e di santi nella navata centrale, il Cristo sorretto da un angelo, le ante d'organo con la Lavanda dei piedi, l'Innalzamento e la Deposizione dalla croce, e uno dei suoi più intensi capolavori, Il digiuno di san Carlo Borromeo. I punti più alti Crespi li raggiunse nel Digiuno di san Carlo Borromeo (Milano, chiesa di Santa Maria della Passione) e nel Ciclo di San Bruno nella Certosa di Garegnano (o Certosa di Milano), terminato nel 1629, per alcune novità apportate nella lettura e nell'analisi del tema, come la definizione degli ambienti, gli scenari architettonici, e l'indagine psicologica dei personaggi.

Oltre alla produzione di opere di soggetto religioso per i maggiori ordini monastici del milanese, il Crespi ebbe notevole fama di ritrattista. Fra le sue opere più importante di tale genere, si annoverano l'Autoritratto degli Uffizi (1627), il ritratto di Manfredo Settala della Pinacoteca Ambrosiana, il Ritratto del chirurgo Enea Fioravanti del Castello Sforzesco, il Ritratto di Antonio Olgiati della Collezione Koelliker a Milano, il Ritratto di gentiluomo con barba e il Ritratto di giovane della Collezione Borromeo, Isola Bella, Stresa.

Poco dopo avere rilevato la prestigiosa bottega di Camillo Procaccini morì a Milano nel 1630, vittima della grande peste manzoniana, attorno ai trent'anni. A causa della morte improvvisa lasciò incompiuta la sua opera di maggiore impegno, il ciclo di affreschi della Certosa di Pavia, che furono terminati dai suoi collaboratori. Il maestoso ciclo del Crespi riveste per intero le pareti del coro, mentre le volte ospitano ancora la decorazione affrescata di epoca rinascimentale. Si tratta di un ciclo composito, con scene tratte dal Nuovo Testamento, dalle agiografie di Santi Certosini e di altri santi, abilmente inserito nell'architettura gotica tramite un complesso sistema di quadrature decorative, che incorniciano grandi scene sacre e riquadri più piccoli con figure isolate di evangelisti, dottori della Chiesa, profeti, sibille, santi e beati certosini. Nelle ultime opere Crespi mostra di distaccarsi progressivamente dalla corrente ancora impregnata di manierismo nella quale si era formato, dominata dalla triade di Cerano, Morazzone e Giulio Cesare Procaccini, verso un classicismo di matrice carraccesca.