L'abbazia di Santa Maria di Vezzolano è un edificio religioso in stile gotico e romanico, tra i più importanti monumenti medievali del Piemonte. Vi sono diverse ipotesi sull'origine del nome e della località, tra le quali l'apparentamento con la gens Vetia o al centro di Vézelay in Francia, in cui già al tempo di Carlo Magno esisteva un'abbazia soggetta a Cluny. Probabilmente è più attendibile l'origine medievale o regionale del toponimo da Vezola o Vetiola nel significato di recipiente d'acqua dato che nelle vicinanze dell'edificio scorre un ruscello.
Attualmente l'abbazia è composta da una chiesa con il campanile, il chiostro e la sala capitolare a rappresentare l'alternarsi di alcuni momenti stilistici fra il gotico ed il romanico. La pietra arenaria ed il mattone vengono qui utilizzati per marcare lo stile architettonico dell'abbazia, fondato sulla bicromia a fasce alternate, comune ad altre scuole architettoniche italiane, in particolare quella ligure e toscana.
L'edificazione della chiesa venne terminata nel 1189, subendo successivamente alcuni interventi di sostanziale ristrutturazione soprattutto in epoca gotica. La facciata inizialmente aveva tre portali, solo due ancora visibili, è tipicamente romanica e offre alla visione nella parte superiore un paramento in cotto alternato a fasce orizzontali in pietra. Presenta tre ordini di gallerie cieche, meno quella centrale, interrotta da una bifora, con piccole colonnine, e ricorda i motivi architettonici pisani e lucchesi. Ora è di fatto scomparsa e quella sinistra è murata, ma porta ancora una bella lunetta decorata.
Proseguendo si notano una serie di affreschi di notevole interesse: fra essi si possono notare Cristo fra i simboli degli Evangelisti, L'adorazione dei magi con un devoto presentato da un angelo, un Defunto in toga rossa disteso , e il Contrasto dei tre vivi e dei tre morti. Nell'ultimo affresco probabilmente si è voluta rappresentare la leggenda di Carlo Magno e degli scheletri fuoriusciti dal sepolcro.
Altri affreschi, rimasti solo in parte, rappresentano la Crocefissione e probabilmente una versione diversa della leggenda carolingia. Nel loro insieme questi dipinti oggetto nei primi anni novanta di un restauro, rappresentano uno dei più interessanti cicli pittorici del Trecento piemontese.